RASSEGNA STAMPACAMPIONATO

EDICOLA. Roma, terza col brivido

IL MESSAGGERO (U. Trani) – Anche se a fatica, ecco il controsorpasso sull’Inter (di nuovo a meno 1) e insieme pure il 3° posto (64 punti come la Lazio): la Roma, superando 2 a 1 il Genoa e ritrovando il successo in campionato dopo 3 giornate di digiuno, resta sul podio e guida ancora la volata Champions che, da qui al 20 maggio, prevede ancora 5 tappe.

Ma non c’è solo la vittoria, stentata e sofferta, nella serata dell’Olimpico. Perché Di Francesco, usando il turnover nel turno infrasettimanale, riesce anche a far riposare 5 titolari. Proprio quello di cui ha bisogno il gruppo che, almeno fino al 6 maggio (trasferta di Cagliari), si dovrà misurare in un’autentica full immersion: altre 5 partite, comprese le 2 di semifinale contro il Liverpool

TRAPIANTO NECESSARIO – Di Francesco è stato di parola, dando la priorità aalla freschezza degli interpreti. Così ha cambiato, dopo il derby, più di mezza squadra. Sono addirittura 6 le novità in partenza: Florenzi, Gerson, Gonalons, Pellegrini, Under ed El Shharawy. In panchina i titolarissimi Manolas, Nainggolan, Strootman e De Rossi. Escono anche Peres e Schick.

Chi entra, dovrebbe comunque dare garanzie, perché sono giocatori che hanno partecipato, in questa stagione, alla rotazione a cui si è affidato l’allenatore in caso di impegni ravvicinati. Soprattutto Florenzi, Under ed El Shaarawy sono partiti spesso dall’inizio nelle 44 partite disputate fin qui tra campionato e coppa. Il metodo del tecnico è impostato sul coinvolgimento del gruppo. Fondamentale è l’identità, da non smarrire sotto l’effetto del turnover. Che, contro il Genoa, si è però vista per meno di un’ora, creando non poca apprensione al pubblico dell’Olimpico.

Anche il sistema di gioco è mirato alla max rotazione: il ritorno al 4-3-3 ha inizialmente agevolato i titolari della serata, in particolare quelli che ultimamente hanno avuto meno spazio, cioè i centrocampisti Gerson, Gonalons e Pellegrini che si ritrovano insieme nella stessa partita. Il reparto, con l’ingresso in contemporanea dei 3 panchinari, funziona parzialmente e solo per il dinamismo di Pellegrini. Gonalons fa il compitino, Gerson nemmeno quello. Davanti Under è il più vivace. Su punizione tagliata di Kolarov è proprio lui a indirizzare il match: tocco facile facile quasi davanti alla porta per il 6° gol in questo torneo (7° stagionale). Florenzi ha subito sul destro la palla del ko: conclusione larga.

La Roma, fino all’intervallo, riprende fiato. Forse si allunga eccessivamente, consentendo al Genoa qualche ripartenza con Rigoni e Hiljemark che si presentano alle spalle di Pandev e Lapadula. Alisson rischia poco o niente. Ballardini, confermando il 3-5-2, preferisce coprirsi con 5 difensori, lasciando bassi Rosi e Migliore. Anche lui, come Di Francesco, si affida al turnover, rinunciando a Pereira, Lazovic, Laxalt e Bessa.

BLACK OUT INASPETTATO – Ancora decisivo il sinistro, da fermo, di Kolarov all’inizio della ripresa: su corner, l’autorete di testa dell’ex Zukanovic. Ballardini, sotto di 2 reti (ne ha subite, prima di venire all’Olimpico, solo 5 nelle altre 10 trasferte), fa 3 cambi, uno dietro l’altro: dentro subito Medeiros per Hiljemark e Rossi per Migliore e per il 4-4-2. Pandev, prima di lasciare il posto a Cofie, ruba palla a Gerson e lancia in contropiede Lapadula che fa ancora centro davanti ad Alisson dopo il rigore trasformato all’andata.

La Roma si ferma, quasi impaurita. Quando avanza è precipitosa e frenetica. E, sbilanciandosi, rischia. Di Francesco, per ritrovare la compattezza, inserisce Manolas per Gerson e passa alla difesa a 3. Medeiros ha il pallone del pari, ma scivola sul più bello. Entrano Schick per Under e Strootman per El Shaarawy. L’egoismo di Florenzi, quando nel recupero ignora Dzeko davanti alla porta e calcia addosso a Perin, rischia di rovinare la serata. Il centravanti si arrabbia e fa bene. Subito dopo spreca pure Schick. Il pericolo scampato deve comunque fa riflettere: la partita va chiusa prima, pensando sul serio alla Champions. A quella che verrà, però.

 

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