EDICOLA. Quarantottomila cuori: lo stadio non smette di spingere la squadra
CORRIERE DELLO SPORT (R.Maida) – Come si dice godere in ucraino? E’ urlo interminabile ad accompagnare la Roma ai quarti di Champions League, mentre suona Grazie Roma e i giocatori saltellano e si abbracciano per un risultato eccezionale che nessuno, ma proprio nessuno, avrebbe osato immaginare a inizio stagione. La Roma di Dzeko che segna al primo pallone buono come Ibra, la Roma di De Rossi che piange commosso come dieci anni fa a Madrid, la Roma di Eusebio Di Francesco che ha dimostrato di essere pienamente padrone della scena. Ma è soprattutto la Roma di un Olimpico magico, che non lascia passare nessuno in Champions, che non prende gol, che ne festeggia tanti, che soffre fino alla fine ma poi esplode di orgoglio e di smettere di cantare non ha alcuna voglia.
PARTECIPAZIONE – Risposta esatta: c’erano. Forse nemmeno serviva chiamarli per una partita così, come ha fatto Di Francesco. Anche nei tempi televisivi, cybernautici, socialdipendenti, il tifoso della Roma non si eclissa mai quando la squadra ha bisogno delsostegno popolare. Hanno cantato, urlato, fischiato, applaudito, guidati da una magnifica Curva Sud verso la conquista di un sogno atteso dieci anni. Quarantottomila cuori oltre l’ostacolo Shakhtar, osservati dalla tribuna d’Onore dal neutrale Paolo Maldini e da un paio di fuoriclasse nati del settembre del 1976: Totti e Shevchenko.
CONSAPEVOLEZZA – Non era una rincorsa facile, lo sapevano tutti: bastava ascoltarli nell’avvicinamento allo stadio, mentre passeggiavano al Foro Italico, chi con una birra in mano, chi fantasticando sul giocatore che avrebbe dovuto condurli al di sopra dei ricordi, dei timori. Prima o poi, si raccontavano, il tormentone del “mai ‘na gioia” doveva finire per questa Roma dall’esperienza giovane madall’ambizione enorme.
ATTESA – Già un’ora prima del fischio d’inizio, la Sud era calda e i vuoti blu dei seggiolini diminuivano a vista d’occhio. L’inno di Testaccio, poi Lando Fiorini e Venditti, infine l’urlo globale che entra dentro, Th e Chaaaampions, mentre suona la musichetta più eccitante del mondo. C’erano, quelli dell’Olimpico, e hanno fatto quello che la Roma chiedeva. Ottenendo in cambio molto di più di quanto sperassero.