TANTI AUGURI A… Franco TANREDI
Oggi Franco Tancredi copie 63 anni. Storico portiere del secondo scudetto giallorosso, con la Roma ha disputato ben 382 partite in 13 stagioni, vincendo anche 4 Coppe Italia. Per celebrare degnamente un grande portiere, ma soprattutto un grande amico, ecco un estratto dell’articolo scritto dal Prof. Paolo Marcacci per celebrare le sue gesta…
Tanti auguri, Franco!!!
LA ROMA 352 – Schegge di Memoria di Paolo Marcacci
Nessun uomo è un’isola. Lo scrisse il poeta John Donne, uno che non aveva mai giocato in porta. Perché tra le sue scogliere geometriche, segnate dalle righe di gesso che sono i confini della sua giurisdizione, il portiere vive e subisce un tempo diverso da quello di tutti gli altri: di istanti dilatati dal libero arbitrio della maledetta possibilità di scelta; di momenti che scorrono troppo in fretta quando gli errori degli altri ingigantiscono i suoi; spifferi d’aria tra i guanti, finestre sull’orizzonte pazzo della partita; per tetto una traversa, di pioggia che batte e sole che acceca. Al centro del mondo, il dischetto del rigore, che solleva polvere e opposte speranze, che dispensa miracoli a chi protende le braccia, oltre le braccia stesse. È una creatura mitologica, il portiere, che striscia nel fango pur di strappare i capelli alla gioia pretesa dagli altri, che vola alto, fin dove oltre ai pali s’incrociano i destini. Ed è l’ultimo ad apparire finché la palla tiene in vita il pericolo, il primo a dare un volto al dolore quando uno schiaffo gli scuote la rete. È prezioso come un gol, il portiere, perché vive al polo opposto, agli antipodi del boato.
Lo neutralizza o lo subisce, sempre nel cerchio eroico della sua solitudine. Indipendentemente dalla sua statura, è sempre un gigante, perché non ha altra scelta che quella di guardare il nemico negli occhi.
Un metro e 76, per poco più di 70 chili di peso, che l’istinto e la concentrazione proiettavano oltre le proprie, contenute dimensioni: non c’era punto della porta dove non riuscisse ad arrivare per primo, Franco Tancredi, con l’atteggiamento compìto e l’espressione semplice di chi non sta compiendo altro che il proprio dovere. Il fatto è che intere generazioni di tifosi romanisti quel dovere lo definirono, centinaia di volte, “miracolo”, acciuffato persino con quella che, tra le due mani, era la più distante dalla minaccia. Ma quante mani avesse in realtà, non si è mai capito del tutto; resta il ragionevole dubbio che le moltiplicasse nella misura in cui il tiro appariva imprendibile agli occhi degli altri.