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ROMA-SAMPDORIA SOTTOPASSAGGIO. Nuntereggaepiù.

di Paolo MARCACCI – Quanto è solo Eusebio Di Francesco? Questo, a nostro avviso, l’interrogativo più ovvio nelle ore che precedono un match delicato per la classifica e per l’autostima.

Non lo abbandona la gente, non lo prende di mira una curva che ha ben altri, riconoscibilissimi dai cori, obiettivi polemici. Tutto prevedibile, annunciato, un po’ come certe cessioni che però ancora non si materializzano. Dzeko c’è, anche perché Schick è di nuovo ai box: cattedrale nel deserto della manovra romanista, immobile come una vetta dolomitica, evidentemente poco sereno nel giocare palloni scolastici all’altezza della trequarti. Ma è il primo nella lista degli addetti al gol in seno alla Roma e ogni giorno che passa se ne comprende un poco di più il perché. 
Prevedibile, in positivo, anche la scioltezza della Sampdoria, perché gli uomini di Giampaolo, pur orfani di Quagliarella – in panchina – concludono a più riprese in maniera pericolosa e qualitativamente pregevole, soprattutto con un interno sinistro di Ramirez su cui Alisson comincia la sua serata da protagonista assoluto; mostruosamente reattivo, distaccato dai patemi dei compagni di reparto come un monaco tibetano. Brutto segno, però, quando il salvatore della patria lo si trova tra i pali. Dopo la mezz’ora, comincia una Roma disordinata ma viva, che vive di lampi e butta palla in mezzo spesso in maniera più che leggibile da Ferrari e compagni. Resta negli occhi uno stop di Pellegrini, delicato come una palla di neve che fa sorridere una bimba; evapora sul guanto di Viviano il sacrosanto rigore concesso da Banti – mano di Bereszynski – che Florenzi calcia a mezz’altezza e piuttosto centrale. 
 
Viviano ci mette tutto, anche la faccia, all’inizio della ripresa, quando la Roma sembra volersi ritrovare a cominciare da un gol, venga come vuole. 
Ünder: eppur si muove. Qualcosa si vede.
Timido El Shaarawy, finanche impalpabile, come la foschia che si abbassa sul malumore dell’Olimpico. Conclude ancora con Pellegrini la Roma, troppo elegante e poco cattivo nel frangente e ancora Viviano fa un figurone. 
Canta la Sud, per se stessa e per il resto dei quasi trentamila; canta per e canta contro, capisce che un’ultima mezz’ora da disputare a tutta è un atto dovuto dalla squadra, che per questo va supportata. Ci vuole cinismo nei sedici metri: Dzeko prima e Pellegrini poi depositano palloni zuccherosi tra le braccia di Viviano. 
Nella Samp Kownacki per Caprari, Di Francesco si gioca Defrel per Pellegrini negli ultimi 20′. 
Sinistro di Kolarov sul fondo. 
Alvarez per Ramirez tra i blucerchiati, tra i giallorossi Perotti per Ünder, applaudito. Poi Antonucci per El Shaarawy. Intanto il tempo se ne va, cantava Celentano. 
Minuto 79: Sampdoria in vantaggio. Cross da sinistra – fuorigioco? – poi Duvàn Zapata è il più lesto di tutti a colpire la sfera, battendo Alisson. 
Ancora un cambio per Giampaolo: Capezzi per Torreira. 
Ammonito Murru per azione fallosa al minuto 87. 
Si smarrisce la Roma, un minuto dopo l’altro. Se ne vanno proclami, slogan, citazioni, stime sui budget. E se ne va più di un tifoso, prima del fischio finale, che Banti fa trillare dopo 5′ di recupero: nuntereggaepiù. 
 
 
 

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