ROMA-ATALANTA SOTTOPASSAGGIO. LA RICREAZIONE È FINITA.
di Paolo MARCACCI – Se dicembre è stato nero, con che colore è cominciato gennaio?
Pomeriggio che dopo venti minuti è gelido negli umori, molto più che nelle temperature.
Non comincia male la Roma, a onor del vero; insospettisce, però, qualche pallone di troppo lasciato in quella terra di nessuno tra la linea difensiva giallorossa e quella mediana, dove Gonalons agisce, o tenta di farlo, coi suoi ritmi.
Atalanta accorta, tatticamente organizzatissima, sorniona nel ripartire: a sinistra con Gomez, a destra con Cornelius, che nell’incredulità generale fa sibilare il suo interno sinistro rasoterra verso il palo più lontano di un Alisson allibito, davanti a un Fazio attonito. Coefficiente di difficoltà balistica da lotteria di Capodanno, peccato che se ne stia già andando anche la Befana, nel senso che se la simpatica vecchina si fosse trovata oggi all’Olimpico, avrebbe alzato i tacchi già al momento del raddoppio orobico, quando Gomez aveva arriva sul fondo, ha tempo di cadere e rialzarsi, servire all’indietro De Roon senza che nessuno esca a chiudere a quest’ultimo l’angolo di tiro. Lo 0-2 si deposita su una preesistente coltre di frustrazione, di incertezza, di sfiducia che appanna i ritmi e la lucidità. A quel punto si manifesta più nitidamente lo spettro che aleggiava già prima del calcio d’inizio: quello di Nainggolan, convitato di pietra – peraltro presente in tribuna, atto dovuto – di un dibattito destinato a proseguire, soprattutto se la china della partita non dovesse variare. Perché oggi pomeriggio, anche se non sarebbe mai dovuto accadere, sono scese metaforicamente in campo due fazioni: quella che approva l’esclusione del belga, decisa dalla società e avallata dal tecnico e quella che non pretende che per far dispetto alla consorte il marito si privi degli attributi. Ennesima occasione di frazionamento in seno alla tifoseria e alla pubblica opinione romaniste.
Accade anche altro, nel primo tempo: potrebbe triplicare l’Atalanta, che colpisce il palo a ridosso della mezz’ora; potrebbe dimezzare lo svantaggio Dzeko, che con l’interno destro trova un rasoterra che quasi eguaglia il sinistro di Cornelius, come esecuzione ma non con la stessa incredibile precisione; viene espulso Caldara, per somma di gialli, allo scadere della frazione: Kolarov travolto, Gasperini tarantolato come Jimmy il fenomeno, buonanima.
A 5′ dall’inizio della ripresa, Di Francesco toglie Pellegrini e chiama in campo Schick: assetto ridisegnato, serve l’episodio per riaprire la gara. Nel frattempo, Cristante per Ilicic tra i bergamaschi.
Minuto 56: lancio da metà campo, parte Dzeko che la spunta su Palomino, sinistro secco rasoterra a incrociare: 1-2, esecuzione cristallina. Comincia una nuova partita, in cui la Roma ha l’obbligo di onorare se stessa.
Gasperini alza progressivamente il muro: prima Petagna per Cornelius, poi Masiello per Gomez.
Comincia una costante pressione, forse con troppi palloni buttati in mezzo.
E alla fine arriva Ünder, come – troppo? – spesso accade negli ultimi tempi: fuori Strootman, centrocampo a questo punto da individuare.
Si conclude dalla distanza, non sempre in maniera utile. Passano i minuti, si affievolisce la speranza. E arriva Bruno Peres, che potrebbe sembrare una battuta. Fuori Florenzi. Guida comincia a spezzettare il gioco a forza di fischi, non sempre giustificati.
Minuto 85, doppio El Shaarawy, testa e piede, con doppio rimpallo, fino alla guancia di Masiello, dopo il più bel cross di Bruno Peres da destra.
Schick, nel frattempo, basta guardarlo in faccia per capire che non è ancora lui. Peccato che la Roma non abbia tempo di aspettare nessuno.
3′ di recupero, pochini. Come poca, alla fine, è stata la Roma, con i suoi assetti variati e stravolti, con il suo spartito confusionario, con i suoi protagonisti soltanto annunciati, con la sua foschia di centrocampo, senza nemmeno un Radja di sole.
Migliore in campo, la Curva Sud; per il resto, la ricreazione è finita. Per tutti.