EDICOLA. Mai dire Pallotta: «I tifosi sono unici»
IL MESSAGGERO (M.Ferretti) – C’è qualcuno che non sta dalla parte di chi vuole combattere la violenza negli stadi, ovviamente in tutta Italia? Precisazione doverosa, questa, per ricordare, sia nella penisola che al di là dell’Atlantico, che i violenti non stanno soltanto al Sud del nostro Paese. Chi pensa il contrario o non conosce l’Italia oppure non conosce l’italiano. Lodevole la voglia di James Pallotta, presidente della Roma, di lottare contro chi all’Olimpico o nello stadio che verrà non si comporta o si comporterà bene. Ciò che stona, e non è la prima volta che capita, è che il massimo dirigente della Roma accusi sistematicamente il prossimo di manipolare le sue parole. Anziché alzare la mano e dire: forse mi sono spiegato male, è sempre colpa degli altri. Come se in ogni angolo del mondo ci fosse continuamente voglia di travisare le sue parole. Mai un’elegante autocritica, per dirne una. Negli States, a Londra o a Roma, sempre la solita storia: non ho detto quello che è stato strumentalmente riportato. Ma, chissà, anche questo potrebbe far parte della strategia di comunicazione di chi fino a pochi anni fa odiava il calcio, come ha raccontato il bostoniano in prima persona (almeno questo, finora, non è stato rettificato). La lunga precisazione sull’intervento al recente convegno di Londra, quello che ha scatenato l’ira dei tifosi più caldi della Roma (anche la notte scorsa sono apparse in città scritte contro Pallotta), non è altro che la conferma che qualcosa nella City era stato dialetticamente toppato.
IL COMUNICATO – E pensare che Jim aveva parlato in inglese agli inglesi. Ma, per non correre il rischio di beccarci l’etichetta di manipolatori, vi proponiamo per intero il Pallotta bis, fonte il sito della Roma. «Sono molto dispiaciuto dal dover constatare che le mie parole in un convegno a Londra siano state deliberatamente mal interpretate. Non accetto manipolazione alcuna da parte dei media. A una domanda sulla sicurezza negli stadi che mi è stata posta a Leaders in Sports, ho risposto citando un incontro con il Capo della Polizia, richiesto ed ottenuto per chiedere un ripensamento sulla scelta di introdurre delle barriere divisorie sugli spalti. Un anno e mezzo: tanto è durato il confronto con le istituzioni per la rimozione delle barriere, un confronto che ci ha visto impegnati a far capire quanto quel provvedimento fosse iniquo nei confronti dei nostri tifosi: colpiva in modo generalizzato tutta la Curva Sud e non chi, effettivamente, si fosse reso protagonista di atti che violavano la legge. In quel contesto, uno dei temi discussi riguardava la possibilità di identificare specificamente, grazie alla tecnologia, i responsabili di determinati reati, senza dover punire indistintamente chi non fosse colpevole. A Londra ho anche spiegato che in futuro sarà importante il supporto della tecnologia, per colpire solo gli eventuali responsabili di un reato e tutelare tutti gli altri tifosi. Quei tifosi che mi hanno permesso di innamorarmi di questa squadra, grazie alla passione che li rende unici. Ecco perché ritengo assurdo leggere che avrei attaccato i nostri tifosi durante quel convegno. Sono abbastanza chiaro e trasparente quando parlo. I media dovrebbero agire responsabilmente quando riportano mie dichiarazioni. Il mio discorso di Londra era volto a un miglioramento dei servizi e dell’esperienza dei tifosi che vengono a sostenere la Roma: sia ora, sia in futuro. Chi non rispetta le leggi dovrebbe essere punito. Tutto qui». Se lo reputa opportuno, mister Pallotta, si accettano smentite.