STORIA DI IERI di Diego AngelinoCAMPIONATOTOP

ROMA-SPAL. “Storia di Ieri”, riflessioni del giorno dopo…

di Diego ANGELINO – Orario insolito, giornata insolita, ma l’Olimpico propone un discreto colpo d’occhio e molti giovanissimi presenti: se si va incontro alla gente con i prezzi, i tifosi rispondono. Manca invece, tra i supporters della Spal, la bandiera che ricorda Federico Aldrovandi, il giovane ucciso da quattro poliziotti nel 2005: qualcuno dovrebbe spiegare perché non è stata fatta entrare.

Il campo dice che la partita prende subito la piega giusta, con la Roma ben presente con la testa e brava a mettere subito in difficoltà gli avversari. Il VAR non arriva a favore con l’Inter ma con la Spal: niente di nuovo sotto il sole, quindi.

Fatto salvo Under, che è giovane e ha bisogno del suo tempo, per il resto la Roma funziona davvero bene: Džeko ritrova il goal, Alisson fa i colpi di tacco e para i rigori, Gerson entra in partita alla grande, Emerson si fa riabbracciare dall’Olimpico, Schick prova a dare finalmente continuità alle sue presenze, prima ancora che alle sue prestazioni.

Alcune menzioni a parte: Florenzi, che brucia la fascia concedendosi anche dei numeri di alta classe nel finale, dimostrando di stare molto bene; Strootman che, dal derby, sembra andare a un altro ritmo rispetto a prima, quando era sempre al posto giusto in virtù di un’immensa intelligenza tattica ma arrivava un attimo dopo l’avversario sulle palle contese. L’olandese, con l’uscita di Gonalons, gioca mezz’ora da centrale, posizione in cui mi piacerebbe vederlo con continuità. Poi Pellegrini, che trova – con una delle sue migliori caratteristiche, l’inserimento – il suo primo goal in maglia giallorossa, in casa e sotto la Sud.

Infine c’è Kolarov. Lasciate perdere il fatto che corra fino all’ultimo secondo, che crossi con precisione millimetrica, che faccia assist e tunnel e concentratevi sul minuto 43 del 1° tempo. Fallo su Juan Jesus (non segnalato), Manolas fa per buttarla fuori: il serbo va in scivolata a evitare che il pallone esca e, novello – bonario – Mario Brega, invita il compagno ad alzarsi. Il brasiliano, claudicante, obbedisce al numero 11, per l’ennesima volta protagonista di un gesto identificabile con la “mentalità vincente”.

Quella che chiede Di Francesco, giustamente soddisfatto per risultato e mole di occasioni create, meno per il goal regalato agli avversari, piccolo neo su cui la Roma, storicamente, deve migliorare.

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