ANNO ZERO di Paolo MARCACCI
di Paolo MARCACCI – Nel dubbio se sia stato più esaltante il “cosa” o il “come”, chiediamo tutti scusa a Eusebio Di Francesco. Non per le perplessità di inizio stagione e nemmeno per certi giudizi affrettati – alludiamo ovviamente a quelli in buona fede, non a quelli dei soliti dotti – che lo avrebbero voluto via dalla Roma già per metà settembre, perché quelli facevano parte del gioco e lui anche in quei frangenti è riuscito a essere sereno. Dobbiamo chiedergli scusa perché nei giorni che hanno preceduto l’ultima giornata della fase a gironi della Champions, di tutto si è parlare tranne che dell’approssimarsi di un appuntamento dalla possibile e probabile portata storica, quale poi si è rivelata.
Dopo Genoa – Roma il dibattito su Daniele De Rossi ha fagocitato ogni altro argomento, con la consueta contrapposizione tra accuse degne di un tribunale speciale e assoluzioni idolatre dispensate a prescindere dalle colpe specifiche. Nel mentre, il tecnico della Roma è riuscito a tenere la barra dritta, motivando il gruppo, isolando la squadra il più possibile, rilasciando dichiarazioni sensate e aggreganti, elaborando una Roma – momentaneamente – senza De Rossi e una con il capitano, come ad esempio ieri sera contro il Qarabag. Anche la stessa conferenza stampa del giorno precedente la gara, che avrebbe dovuto vertere sulle prospettive del Girone C e sull’approccio della Roma a uno snodo fondamentale della propria stagione, è stata monopolizzata dalla questione delle scuse di De Rossi, dei suoi propositi per il futuro e di altri punti di vista sulle prospettive della parte rimanente della sua carriera. Chi abbia avuto la pazienza di ascoltarla davvero, avrà notato come il tecnico, per la parte riguardante le sue risposte, abbia messo in atto uno straordinario lavoro di “cucitura” tra le varie anime romaniste, in vista di un appuntamento poi rivelatosi storico. I media hanno riservato pochissimo spazio a questa sfumatura, che è poi molto più di una sfumatura; ci piace sottolinearlo ora, a qualificazione raggiunta.
Se poi vogliamo ricordare, nello specifico, cosa si disse al momento del sorteggio e lo scetticismo che avvolgeva la Roma anche e ancora dopo il pareggio casalingo a reti bianche contro l’Atletico, dovremmo compilare una lista di proscrizione per tutti quelli che non meriterebbero, stamattina, di salire sul carro di Di Francesco. Ma ora valli a riconoscere, affollato com’è.
Resta un fatto, che è anche un piccolo bilancio morale con un pochino di memoria storica: nella fretta di affermare che Di Francesco non meritasse la Roma, molti in questa città hanno dimostrato di non meritare Di Francesco. Non solo per la qualità del suo lavoro, ma anche e forse soprattutto per la pacatezza e il buon senso che traspare da ogni sua dichiarazione.
Non lo confesseranno mai, ma sono ancora in tanti a sentirsi orfani delle galline del Cioni.