EDICOLA. DI FRANCESCO: “Il derby? Non è una partita come le altre”
CORRIERE DELLO SPORT (G. D’UBALDO) – L’allenatore giallorosso Eusebio Di Francesco è stato il protagonista di un forum con il quotidiano sportivo romano. Queste alcune delle sue dichiarazioni:
Quando ha capito che saresti diventato l’allenatore della Roma?
«I primi contatti risalgono all’inizio di maggio. E i miei dirigenti lo sapevano, perché li ho sempre tenuti al corrente della trattativa. L’ufficializzazione è arrivata in un ristorante di Fusignano».
Accennava al derby: la considera una partita come le altre?
«Ho imparato a capire di no. Da giocatore la prima volta, riscaldandomi sotto la Curva Sud, sentii le gambe che tremavano. Questo è un evento che esula dalla classifica e dal campionato. E’ una cosa a sé. Certo è bello che sia una partita di vertice. E ci tengo a fare i complimenti a Simone Inzaghi, che conosco bene: sta gestendo il suo gruppo in maniera eccellente».
Come si batte la Lazio?
«Non voglio svelare molto. Di sicuro non snatureremo le nostre caratteristiche e la nostra mentalità. Non bisogna adattarsi all’avversario, bisogna rispettarlo. Sappiamo che la Lazio è brava a sfruttare le ripartenze, noi metteremo in atto la nostra strategia per vincere la partita».
Una volta per tutte: a chi si ispira Eusebio Di Francesco?
«Un po’ a tutti. Mi colpiscono Guardiola, Sarri. In generale amo gli allenatori che trasmettono il loro pensiero senza specchiarsi negli avversari. Ma mi piace anche imparare da me stesso, perché l’intuito è decisivo nelle scelte di un allenatore. Tra gli allenatori che ho avuto ho imparato molto da Capello per quanto riguarda la gestione del gruppo e da Zeman per la fase offensiva e per la cultura del lavoro: adesso tutti diciamo che la ripetitività degli esercizi in allenamento migliora i calciatori ma Zeman lo diceva trent’anni fa. E la sua fase offensiva, in quella fase storica del calcio, non la faceva nessuno».
I tifosi hanno recepito i segnali, visto che si sono riavvicinati alla squadra e ricominciano a frequentare lo stadio.
«Questo mi fa enormemente piacere. Su questo argomento ho parlato chiaro ai calciatori: i tifosi vanno coinvolti. Quando giochi nella Roma riesci a capire cosa significhi questa maglia, non prima. Qui vieni criticato quando le cose non vanno bene: è successo anche a me e potrà succedere ancora, anche se io spero di no. Ma i tifosi ti amano, ti perdonano e ti sostengono sempre. Per meritarli, devi sempre trascinarli con le prestazioni, con l’impegno in campo. Beh, ci siamo riusciti se siamo usciti tra gli applausi anche dopo le partite perse».
Con Totti dirigente che rapporto si è creato?
«A Francesco ho dato solo un consiglio: rubare le qualità di tutti, imparare il più possibile. E lui, che è intelligente, lo sta già facendo. Ovviamente non entra nelle questioni tecniche né mi fa domande sulle formazioni. Del resto io quelle non le dico neppure ai miei collaboratori. Ma mi sta aiutando nella gestione ordinaria. Un esempio: quando andiamo allo stadio lo voglio sempre vicino sul pullman perché con il suo modo di fare stempera le tensioni del prepartita. E conosce bene i giocatori che fino a pochi mesi fa sono stati suoi compagni».
Se Di Francesco fosse arrivato un anno prima, Totti giocherebbe ancora a calcio?
«Ma non lo so… Sicuramente ci saremmo confrontati. E se avesse giocato avrebbe fatto turn over anche lui (ride). Abbiamo anche scherzato dopo che ho visto la sua partita tra vecchie glorie a Tbilisi: “France’, andavi a due all’ora”. Lui mi ha risposto: “Però correvo il doppio degli altri…”»