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ANNOZERO. La partita di San Siro può ribaltare il risultato ma non il giudizio

È il caso di rivedere un po’ di parametri, anche dal punto di vista giornalistico, evidentemente; bisogna tarare al ribasso gli aggettivi, ad esempio, e tutta una serie di proporzioni.

Svezia – Italia non è stata soltanto la disastrosa andata dello spareggio per andare a Russia 2018; è stata anche la doccia gelata sui giudizi spesso enfatici, alcune volte addirittura entusiastici, che spendiamo per le nostre partite, per il nostro campionato, per il numero di gol che conta la nostra Serie A, per molte doppiette e triplette che spettacolarizzano, apparentemente, un torneo che annovera quest’anno quattro o cinque protagoniste e una sfilza di comprimarie, il che non fa altro che confermare, ogni anno di più, la profezia di Fabio Capello, quando parlò di campionato “non allenante”. Questo ragionamento non deve cambiare qualora a Milano l’Italia riuscisse a ribaltare il risultato di Solna; perché la Svezia di Andersson è davvero poca cosa è fa riflettere il fatto che, con un minimo sindacale di equilibrio tattico e dopo aver trovato un casuale vantaggio, sia riuscita a condurre in porto la gara senza correre grossi rischi, anzi continuando a provocare gli azzurri, Berg in testa.

Fa riflettere la mentalità rinunciataria con cui l’Italia ha interpretato la gara prima e dopo il gol subito, perché il 3 – 5 – 2 che l’ha fatta apparire piuttosto accorta e coperta finché è durato lo zero a zero, non è poi servito a nulla in fase (presuntamente) propositiva, visto che le recriminazioni azzurre si fermano a un palo. È proprio la pochezza dell’avversario, ripetiamo, a dare la misura di quanto approssimativo sia questo progetto tecnico e fare di Ventura il capro espiatorio scagiona troppi altri responsabili, da una serie di giocatori sopravvalutati e sempre latitanti al momento decisivo – Verratti su tutti, parlando di di nazionale – a una dirigenza federale che non ha mai saputo vedere al di là del proprio naso e del mantenimento delle proprie poltrone, tanto è vero che non sarebbero affatto certe le dimissioni di Tavecchio e compagnia in caso di clamorosa, epocale eliminazione.

Aspettando la partita di San Siro, che può ribaltare il risultato ma non il giudizio, si aspetta il campionato per cercare di dimenticare l’avvilente prova del centrocampo italiano, scolastico nel contenimento ma da encefalogramma piatto in costruzione. E se il reparto di mezzo si esprime così, parlare degli altri è francamente una perdita di tempo.

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