CURVA SUD

CURVA SUD. DANTE: Una polo bordeaux e un grido “Daje RomaDaje”.

LA ROMA 328 – GENNAIO 2015 ( di Antonio BONGI)

Cercavo un titolo per questo pezzo su Dante, personaggio storico del nostro tifo, scomparso il 3 Novembre del 2000, ma non riuscivo a trovarlo… La Roma di Capello e Batistuta sta per vincere il terzo scudetto, peccato, lui non riuscirà a vederlo.

Dante Ghirighini, classe ’36, nato il 16 Gennaio, avrebbe compiuto pochi giorni fa settantotto anni, portò qualcosa di nuovo all’Olimpico:  “il tifo”. La passione e l’amore per quei due colori era sempre esistita, ma aveva bisogno di un coordinatore, di un leader carismatico. Il mito di Dante nasce il 20 Novembre del 60. Allo stadio è appena finita Roma-Padova 3 a 1, tripletta di Manfredini. È l’ottava giornata, già la quarta tripletta per lo scatenato “Piedone”, c’è molto entusiasmo, la Roma sogna in grande con Cudicini, Ghiggia, Losi, Schiaffino, Lojacono, e il diciassettenne Picchio De Sisti.  Sugli spalti della Sud c’è un giovane tifoso con un’enorme bandiera che fa il giro del campo tra gli applausi della folla. Quel giovane è Dante Ghirighini, che diventa così il beniamino della gente romanista. L’A.S. Roma del presidente Anacleto Gianni, gli offre la tessera della Tribuna Tevere per assistere seduto in posizione centrale alla partita successiva, contro la Juventus.

La Roma vince ancora (2 a 1) grazie alle reti di Lojacono, grande amico di Dante, e Manfredini, ancora lui. Il delirio è totale, con la Roma che balza in testa, ma Dante non si sente a suo agio tra i signori della tribuna e decide di tornare subito in curva, sul suo muretto. Da quel giorno quel muretto divenne la sua casa, la casa di tutti noi, che seguivamo la Roma, il tifo, ma soprattutto Dante che decise di vedere da quel punto strategico le gare interne dei “Lupi”, un po’ per la posizione alta, si vedeva meglio, un po’ perché si trovava esattamente sopra il boccaporto o tunnel, da dove uscivano le squadre con l’arbitro prima di ogni gara. Il punto di raccolta dei tifosi era l’ultimo muretto, lato destro, vicino alla tribuna Monte Mario. Il prezzo del biglietto era di 800 lire, fortunati loro perché i meno abbienti si recavano addirittura sugli alberi sotto la madonnina di Monte Mario da dove i giocatori sembravano formichine e una parte del campo neanche si vedeva. Varie generazioni di tifosi, che arrivavano allo stadio con bandiere, trombe e campanacci affollando i vecchi autobus di colore verde che li portavano nelle vicinanze del foro Italico ricordano lo spettacolo di Dante sugli spalti. Entrava da gran signore, a un quarto d’ora dal fischio iniziale, saliva le scale, scortato da Roberto “il biondo“ e Maurizio “l’avvocato”, stringendo mani e carezzando le teste dei lupacchiotti più piccoli e saliva al suo posto riservato sin dall’apertura dei cancelli. Poi lanciava il suo discorso: «Stamattina pioveva» – boato – «ora c’è il sole» – boato – «C’è il sole per salutare la Roma» – boato – «che è grande e bella» – boato – «e che oggi vincerà!» – boato – «Daje Roma Daje!».

Nel gennaio del 1967 quando Giacomo Losi conquista il record delle presenze con la maglia della Roma, all’Hotel Ritz di Piazza Euclide si organizza una grande festa. Il presidente Evangelisti consegna al capitano una medaglia a nome della società, “l’ambasciatore dei tifosi” che premia Losi, è proprio il carismatico Dante.

Con la nascita del Commando Ultrà Curva Sud, sul finire degli anni 70, Dante scese dal vecchio muretto per avvicinarsi di più a noi, giovani pieni di passione, pronti a tifare per novanta minuti di fila. Ci chiedeva in prestito il megafono e ci deliziava con i suoi celebri discorsi. Aveva un feeling particolare e sincero con noi. Negli anni a seguire allo stadio si vedeva sempre meno, i primi acciacchi e l’amore per la sua bella famiglia lo tenevano spesso a casa. Fui contentissimo d’incontrarlo in quel 10 Maggio 1981 a Torino insieme alla moglie Anna (dolcissima signora che continuò ad essere presente allo stadio anche dopo la morte del marito), giornata piovosa ma impressa nella storia per il goal annullato a Ramon Turone.

La domenica di Roma-Reggina del 12 novembre 2000, il cielo è grigio, ma sotto la curva sud viene portata la “vespa” che era stata di Dante. Francesco Totti, giovane capitano della squadra che stava per diventare campione, portò un mazzo di fiori e lo posò lì vicino alla vespa. Un gesto semplice ma simbolico per ricordare quel signore che per la nostra tifoseria era diventato una leggenda.

 

CI SONO I TIFOSI DI CALCIO E POI CI SONO I TIFOSI DELLA ROMA… Cit. Agostino Di Bartolomei

 

 

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