Arsenico e vecchi Spalletti: una serata infausta. E anche ingiusta…
di PAOLO MARCACCI – Arsenico e vecchi Spalletti, in attesa di un annuncio Schick: questa la cornice della serata, che l’Olimpico onora come se il rientro dalle vacanze fosse già completato.
Partita che gratifica gli amanti della tattica – e del tatticismo – tanto quanto Nanni Moretti a una degustazione di Nutella: basta il colpo d’occhio dalla tribuna a dire della compattezza dei due schieramenti e delle ridotte distanze tra i reparti.
Roma per nulla timorosa di assumersi la responsabilità del canovaccio; Inter attendista e sorniona, con Icardi a galleggiare tra le linee.
Il vantaggio romanista è nitido per quanto è cercato, provato e riprovato alla ricerca di Dzeko che offre sia la sponda grazie alla quale salire, sia il terminale, con esecuzione sontuosa in occasione dell’uno a zero, per controllo e battuta fulminea sul lancio da gourmet di Nainggolan. Per dire di quanto progressiva fosse già diventata la pressione giallorossa basterebbero le vibrazioni del palo colpito in precedenza da Kolarov, lo stesso che al minuto 40 Nainggolan quasi abbatte con un terrificante diagonale dalla distanza; il tutto sempre dopo azioni insistite, corali e manovrate: al di là del parziale è questa la nota più confortante, cioè la dedizione totale, senza sbavature o cali di tensione, con cui la squadra esegue quello che dello spartito di Di Francesco ha già memorizzato.
Troppo presto per qualsiasi tipo di bilancio, però, anche perché Spalletti per forza di cose dovrà far iniziare una nuova partita nel corso della ripresa.
Joao Mario per Gagliardini, nell’Inter che inizia la ripresa tornando a subire un’offensiva romanista.
Defrel, nel frattempo, di pagnotte ne ha già guadagnate due, per dedizione e chilometri percorsi anche in fase di ripiegamento difensivo. Andrebbe considerato tutto questo, quando si redigono certe pagelle, ma è una battaglia persa. Altra menzione obbligata quella per Perotti, che accelerando ricama, da par suo. Rigore enorme su di lui, enorme, quando entra in area da sinistra, steso da D’Ambrosio. Spalletti cala anche Dalbert per Nagatomo, nel frattempo. Ai punti, la Roma meriterebbe più del gol di vantaggio e proprio per questo, paradossalmente, è delicatissima la gestione dell’ultimo terzo di gara, che Di Francesco decide di giocarsi con la qualità di El Shaarawy in luogo del dinamismo di Defrel, ragionevolmente esausto.
Ci sono incredulità e l’ennesimo insegnamento su quanto si debbano capitalizzare tutte le occasioni, nel momento in cui Mauro Icardi si gira tra le maglie giallorosse, dopo azione di rimessa in verticale, firmando un pareggio che frustra il predominio territoriale della Roma. Ora sì che comincia una partita del tutto nuova; inedita, anzi. Eppure alla Roma continuano a non mancare le occasioni, prima con El Shaarawy e in seguito con una fuga di Perotti che non premia a dovere l’accorrere di Nainggolan.
Raddoppia Icardi, somma ingiustizia tra sbavature difensive, con annesso corridoio fortunato. Al minuto 76, l’Inter rovescia una frittata che dopo un’ora poteva già esserle andata tutta di traverso. Ma è tutto senno di poi.
Gli ultimi dieci Di Francesco sceglie di giocarseli con l’estro di Ünde, al posto di De Rossi – partita di grande sostanza – subito dopo che Nainggolan scaraventa il possibile pareggio oltre la traversa. Subito un guizzo del turco, a rimediare un calcio d’angolo. Poi è notte fonda, col gol di Vecino che punisce oltre misura le sopraggiunte colpe romaniste in fase di posizionamento difensivo.
In una serata infausta e secondo noi anche ingiusta, ci permettiamo di chiedere quello che sarebbe, ora, il più saggio degli atteggiamenti: non disturbate il manovratore, che ha già mostrato la qualità del suo lavoro.